Per una vera
“letizia”
di Umberto Curi
Secondo un luogo comune ormai abusato, in politica la malizia sarebbe non solo concessa, ma anche vivamente raccomandata. Al punto da indurre a ritenere verosimili anche le congetture più stravaganti. Si può allora capire per quale ragione, alla vigilia di un turno elettorale dall’esito tutt’altro che scontato, si possa immaginare con qualche fondamento che il grande polverone suscitato da alcuni casi clamorosi riguardanti il premier – l’affaire Noemi Letizia e la condanna dell’avvocato Mills, in primis – sia in fondo alimentato ad arte proprio dallo stesso Berlusconi e dai suoi amici. Vediamo perché. Con l’approssimarsi dell’appuntamento delle urne, la situazione politica della maggioranza mostra ogni giorno che passa crepe sempre più profonde. In primo piano, vi sono i provvedimenti assunti per fronteggiare la crisi economica, giudicati da tutti, anche dagli osservatori più imparziali, del tutto inadeguati. Nell’attuale bilancio dello Stato, non vi sono i presupposti per un significativo mutamento di rotta, anche per via di una politica delle entrate (cancellazione dell’ICI, indebolimento della lotta all’evasione, ecc.) che ha obbiettivamente ridotto i margini per una iniziativa più decisa. A ciò si aggiunga che la vicenda del terremoto abruzzese ha obbiettivamente drenato ulteriori risorse, rendendo molto problematiche, se non impossibili, manovre correttive mirate. Gli effetti di questa complessiva inadeguatezza cominciano a farsi sentire pesantemente, e non soltanto negli strati più ampi dei lavoratori più esposti alla crisi, ma anche nel tessuto dell’imprenditorialità di piccole e medie dimensioni, insofferente di un’inerzia sempre più evidente. Da non sottovalutare, in secondo luogo, le difficoltà politiche. Lo smarcamento di Fini rispetto a Berlusconi, da qualunque motivazione sia sostenuto, è diventato tuttavia un tema politico ricorrente e largamente condizionante, soprattutto per quanto riguarda la coesione di un partito messo insieme con un’operazione improvvisata e puramente propagandistica, quale è il PDL. Malumori e tensioni anche sul fronte della Lega, irritata soprattutto dall’atteggiamento assunto da Berlusconi a proposito del referendum, ma più in generale poco disponibile a subire passivamente la volontà di egemonia degli azzurri nelle regioni del Nord, dove ormai il Carroccio ha quasi ovunque sopravanzato lo stesso PDL. Un significativo sintomo di questo malessere può essere considerata la situazione davvero paradossale creatasi in Sicilia, dove una maggioranza del 65% non è stata sufficiente ad evitare dissensi e lacerazioni che hanno infine condotto alla crisi della giunta. Da non trascurare, infine, le difficoltà che l’attuale leadership governativa registra ormai sistematicamente sul piano internazionale, dove i moniti all’Italia sul tema degli immigrati o sul contrasto agli effetti della crisi economica sono da settimane all’ordine del giorno.
In questo quadro generale, molto meno roseo e rassicurante di quanto il Cavaliere tenda a sottolineare, si può capire che la posizione personale del premier , più che della coalizione da lui guidata, appare caratterizzata da una fragilità di fondo che è solo mascherata dall’esibizione di sondaggi altisonanti. In discussione, almeno al momento, non è tanto la supremazia del centrodestra, rispetto ad opposizioni deboli e finora, quanto piuttosto specificamente il ruolo del premier, criticato e contestato più o meno apertamente da settori significativi della sua stessa maggioranza. Di qui la scelta di ricompattare coercitivamente un fronte altrimenti in ebollizione, con l’appello alla solidarietà del “capo” ingiustamente attaccato. Per lunga e rinnovata esperienza, Berlusconi sa bene che ciò che, in altri paesi, produrrebbe la crisi irreversibile di un personaggio politico, nella nostra bella Italia produce invece l’effetto di un rilancio di popolarità. Non avendo sottomano tonnellate di spazzature napoletane da far magicamente sparire, né rovine di paesi abruzzesi da visitare con l’elmetto in testa, il Cavaliere ha pensato di rispolverare il ruolo che ha sempre recitato meglio degli altri (anche per la complicità di coloro che sono caduti in questo trappolone), vale a dire quello di vittima. E allora, dagli con Noemi (soprattutto se la cosa viene sempre più ad assomigliare alla nauseabonda stampa scandalistica, o ai reality televisivi, di largo consumo in Italia). E dagli anche con i perfidi giudici milanesi, perseveranti in un complotto le cui origini più lontane risalgono a ben 15 anni fa.
Come si accennava in apertura, è possibile che il quadro appena abbozzato sia dettato soltanto da eccessiva malizia. Ma anche di questo dovesse trattarsi, un dato politico resta indiscutibile: l’opposizione, e il PD in maniera particolare, dovrebbero in ogni caso agire in modo da non lasciarsi trascinare su un piano, sul quale – da sempre – hanno fatto registrare le sconfitte più pesanti. Credere di poter battere Berlusconi, facendo leva sull’indignazione della gente o sul rifiuto per la dubbia integrità morale del personaggio, vuol dire non aver imparato nulla dagli ultimi anni di storia politica, né essere riusciti a sintonizzarsi con la “pancia”, oltre con la testa e il cuore, della gente. La strada da compiere è un’altra. Incalzare l’attuale maggioranza sul terreno strettamente politico, senza cedimenti né compromessi, costruendo sistematicamente proposte alternative, e dimostrando concretamente ciò che, finora, è mancato al centrosinistra, vale a dire la credibilità come forza di governo. Lasciando che, come è giusto, di quella Letizia chiamata Noemi si occupino le riviste in carta patinata.